Due parole su Tonio Kröger

Allora viveva il suo cuore: struggimento vi si trovava, e malinconica invidia, un tantino di sprezzo e una grande, casta felicità.

Una piccola opera d’arte. Una piccola, magnifica, bellissima opera d’arte.

Poche e semplici parole per delineare i contorni di un quadro dolorosamente vivido e sofisticato: la lucidità delle percezioni di un artista non può che condurre ad una devastante e insostenibile confusione interiore. Questa è l’arte: provare a giustificare un’esistenza confusa. Tale triste e sconfortante caos può placarsi solo al costo di pietrificarsi, di prendere una forma ben definita. E sappiamo bene come “forma” sia “morte”, e la vita – la vita vera – può solo essere vissuta. Per essere veri creatori, bisogna esser morti.

Mentre per Hermann Hesse la creazione è conquista dell’immortalità (un tentativo disperato di sottrarsi alla grande danza macabra), qui l’arte è un doloroso tentativo di darsi un senso.

Tonio è inadatto al mondo che lo circonda. Inadeguato. Un uomo per cui l’arte non è un frivolo sollazzo pseudo-intellettuale, bensì una vera e propria condanna.

Si dedicò tutto alla potenza che gli appariva come la più sublime sulla terra, quella al cui servizio si sentiva chiamato e che gli prometteva altezze e onori: la potenza dello spirito e della parola, sorridente in trono sopra la vita inconsapevole e muta. A lei si diede con foga giovanile, ed essa lo compensò con tutto ciò che è in suo potere concedere, e gli prese spietata tutto ciò che è solita esigere in cambio.

Acuì il suo sguardo, gli rese trasparenti le grandi parole che gonfiano il petto degli uomini, dischiuse le anime degli uomini e la sua stessa, lo fece chiaroveggente e gli mostrò l’essenza intima del mondo e tutto, tutto quello che sta dietro le parole e le azioni. Ma che cosa egli vide? Comicità e miseria: nient’altro che comicità e miseria.

Allora, col martirio e l’orgoglio del conoscere, sopravvenne la solitudine, poiché la vicinanza dei bonari, delle anime gaiamente ottenebrate, gli riusciva intollerabile, e il marchio sulla sua fronte turbava costoro. Ma sempre più dolce gli divenne la gioia della parola e della forma, giacché egli soleva dire (e lo aveva già annotato) che la sola conoscenza dell’anima condurrebbe senza fallo alla malinconia, se non vi fossero i piaceri dell’espressione a infonderci brio e allegrezza…

Straziato è Tonio Kröger dall’inconciliabilità tra il suo bisogno di creatore e il suo desiderio di vita. Solo tramite la creazione sa di poter giustificare la sua esistenza e i suoi pensieri. Eppure proverà sempre, verso la vita autentica, un malinconico e insoddisfatto anelito.

È un controsenso amare la vita e nondimeno sforzarsi con tutte le arti di tirarla dalla propria parte, di conquistarla alle finezze e alle malinconie…

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