Di fronte agli esseri umani ho sempre sussultato di terrore. Incapace com’ero di nutrire un briciolo di fiducia nella mia facoltà di parlare e d’agire come un essere umano, custodivo rinchiuse nel petto le mie angosce solitarie.
Yozo è un essere di un’altra specie. Non è neanche riuscito ad iniziare la partita che subito è stato cacciato via, ha addosso il marchio di “squalificato”. Tra gli esseri umani non può che sentirsi spaesato, incapace com’è di comprenderli e di compatirli. La sua è un’inquietudine paralizzante, che infiamma e anima le sue angosce sin da quando era un ragazzino.
Ma la gente non avrebbe dovuto capirlo, nessuno avrebbe dovuto scoprire nulla.
E a cosa potrebbe portare la consapevolezza di non essere altro che uno squalificato della vita? La consolazione dei paradisi artificiali e il provare a condurre un’ “esistenza di commedia”. Ci si perde in un turbinio di timori, delusioni, sofferenza, e l’angosciosa passività del protagonista diventa una catena, una palla al piede. La vita diventa così greve, insostenibile, ogni cosa diviene inevitabilmente parossismo.
Il mio mondo, in definitiva, restava sempre un luogo d’orrore insondabile. Non era affatto quel luogo d’infantile semplicità dove tutto si poteva risolvere con un’unica decisione, sul posto e sul momento.
Distante dalla vita, desideroso di comprenderla, incapace di immedesimarsi nei suoi simili. È una storia di frustrazione, di turbamento, di implacabile paura verso un’umanità che non si comprende.


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